L'IMPORTANTE LEGAME CHE PADRE PIO HA AVUTO CON LA CITTÀ DI ATRI
L'IMPORTANTE LEGAME CHE PADRE PIO HA AVUTO CON LA CITTÀ DI ATRI
UNA STRAORDINARIA STORIA DA LEGGERE...
UNA STRAORDINARIA STORIA DA LEGGERE...
Nel 1945, appena terminata la Seconda Guerra Mondiale, Padre Pio potè riprendere nuovamente il suo progetto per la costruzione dell'Ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza". Il progetto era stato completato su carta nel 1940 dall'architetto SIRIO GIAMETTA, originario di Frattamaggiore (Napoli). Tuttavia, questo nome doveva essere cancellato dal suo progetto cartaceo perché GIAMETTA era stato un giovane accademico fascista nell'Università di Napoli. Nel 1945 Padre Pio e il primario chirurgo dell'ospedale di Atri, Federico D'Alfonso, stavano cercando qualcuno che fosse in grado di ricopiare il progetto di Sirio Giametta per togliere dalle carte del progetto il suo nome, che ovviamente non era gradito al Governo italiano e sistemando al contempo su carta anche qualche tramezzatura del reparto di Chirurgia. GIUSEPPE VERDECCHIA, veterinario, pittore, scrittore, uomo molto attivo nell'ambito della cultura e della vita sociale di Atri, paese nel quale rivestì anche la carica di Primo Cittadino, aveva un figlio di nome CARLO, studente modello dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, in quel periodo la più importante in Italia. GIUSEPPE VERDECCHIA, molto amico del Dott. Federico D'Alfonso, propose al primario dell'ospedale di Atri il nome del figlio CARLO VERDECCHIA, bravissimo nel disegno tecnico e artistico. A Carlo il compito di rilucidare il progetto di Sirio Giametta per poter così produrre tutta la documentazione cartacea necessaria a Padre Pio per chiedere agli Stati Uniti le prime somme per finanziare e, quindi, iniziare la costruzione dell'ospedale a San Giovanni Rotondo. Purtroppo, Carlo Verdecchia disse a Padre Pio che non poteva in alcun modo occuparsi di questa cosa, perché la moglie non stava bene, non solo, aveva appena avuto l'incarico di dipingere un importante e impegnativo affresco in una chiesa di un paese vicino Atri, pur volendo con tutto il cuore aiutare il santo del Gargano gli dovette comunicare di non aver nemmeno un minuto libero per dargli una mano per il progetto dell'ospedale. Ma avrebbe fatto di tutto, insieme al padre GIUSEPPE VERDECCHIA, per trovare qualcuno che avrebbe aiutato Padre Pio al suo posto. E, infatti, passata qualche settimana GIUSEPPE e CARLO VERDECCHIA riuscirono a convincere un ingegnere 50enne di Casoli d'Atri, molto bravo, non ancora sposato, che lavorava come ingegnere Capo nel Genio Civile di Pescara, tale GAETANO CANDELORI, già Padrino di Cresima di Carlo Verdecchia. L'ingegner CANDELORI accettò l'incarico, in quanto pur di far contento CARLO VERDECCHIA e suo padre GIUSEPPE si rendeva felice anche Padre Pio da Pietrelcina, che aveva già tanti devoti in tutta Italia e era già conosciuto da tutti a Atri e nell'intero Abruzzo.Così grazie a GIUSEPPE VERDECCHIA e suo figlio CARLO, Padre Pio potè procedere a San Giovanni Rotondo nella costruzione del suo ospedale. I primi soldi da parte del Governo Americano cominciarono ad arrivare e i lavori poterono iniziare ufficialmente nel 1947.La scoperta di questo importantissimo passaggio storico nella storia dell'ospedale di Padre Pio, nonchè della storia di Atri e di Casoli di Atri, è del Gruppo di Studio e Ricerche storiche coordinato dagli architetti Dario Zingarelli e Gaetano Lombardi di Foggia (ricerca condotta sulle "Opere di Architettura realizzate da Padre Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo"), che ha ritrovato materiale documentale inedito. La testimonianza diretta del figlio del Dott. Federico D'Alfonso, Pietro D'Alfonso, all'epoca 15enne, è importante perchè fu testimone oculare di quegli avvenimenti intercorsi tra Pescara, Atri e Casoli di Atri, svelandone per la prima volta i retroscena. GIUSEPPE e CARLO VERDECCHIA erano spesso nello studio di suo padre, chirurgo nell'ospedale di Atri, e spesso ospiti anche a casa dello stesso medico a Pescara in Viale Gabriele D'Annunzio N° 21, oggi N° 23, proprio per le consultazioni private necessarie a organizzare l'aiuto che Padre Pio richiedeva loro, consultazioni necessarie per la realizzazione dell'ospedale a San Giovanni Rotondo.Oggi Pietro D'Alfonso ha più di 80 anni, vive a Roma, con commozione ricorda insieme all'architetto Dario Zingarelli questa storia importante che rende lustro, non solo alla famiglia VERDECCHIA, padre e figlio, ma a tutti gli atriani. Soprattutto, rende giustizia alla Storia, perchè adesso, finalmente, sarà possibile legare ufficialmente il nome di Padre Pio a Casoli di Atri, il paese abruzzese da dove, nell'immediato Dopoguerra, ebbe inizio questa storia particolare che si lega a Padre Pio da Pietrelcina e al suo ospedale di San Giovanni Rotondo. L'Amministrazione comunale di Atri, ha sostenuto fortemente l'importante iniziativa storica, culturale e civica di oggi,8 gennaio 2023, proprio per rimarcare il grande dono fatto a Casoli di Atri dal commentatore. Mario Verdecchia, nipote di GIUSEPPE VERDECCHIA, e in particolare per ricordare a tutti gli atriani, agli abruzzesi, che Padre Pio ha avuto un forte e importante legame con la città di Atri.
Nel 1945, appena terminata la Seconda Guerra Mondiale, Padre Pio potè riprendere nuovamente il suo progetto per la costruzione dell'Ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza". Il progetto era stato completato su carta nel 1940 dall'architetto SIRIO GIAMETTA, originario di Frattamaggiore (Napoli). Tuttavia, questo nome doveva essere cancellato dal suo progetto cartaceo perché GIAMETTA era stato un giovane accademico fascista nell'Università di Napoli.
Nel 1945 Padre Pio e il primario chirurgo dell'ospedale di Atri, Federico D'Alfonso, stavano cercando qualcuno che fosse in grado di ricopiare il progetto di Sirio Giametta per togliere dalle carte del progetto il suo nome, che ovviamente non era gradito al Governo italiano e sistemando al contempo su carta anche qualche tramezzatura del reparto di Chirurgia. GIUSEPPE VERDECCHIA, veterinario, pittore, scrittore, uomo molto attivo nell'ambito della cultura e della vita sociale di Atri, paese nel quale rivestì anche la carica di Primo Cittadino, aveva un figlio di nome CARLO, studente modello dell'Accademia di Belle Arti di Napoli, in quel periodo la più importante in Italia. GIUSEPPE VERDECCHIA, molto amico del Dott. Federico D'Alfonso, propose al primario dell'ospedale di Atri il nome del figlio CARLO VERDECCHIA, bravissimo nel disegno tecnico e artistico. A Carlo il compito di rilucidare il progetto di Sirio Giametta per poter così produrre tutta la documentazione cartacea necessaria a Padre Pio per chiedere agli Stati Uniti le prime somme per finanziare e, quindi, iniziare la costruzione dell'ospedale a San Giovanni Rotondo.
Purtroppo, Carlo Verdecchia disse a Padre Pio che non poteva in alcun modo occuparsi di questa cosa, perché la moglie non stava bene, non solo, aveva appena avuto l'incarico di dipingere un importante e impegnativo affresco in una chiesa di un paese vicino Atri, pur volendo con tutto il cuore aiutare il santo del Gargano gli dovette comunicare di non aver nemmeno un minuto libero per dargli una mano per il progetto dell'ospedale. Ma avrebbe fatto di tutto, insieme al padre GIUSEPPE VERDECCHIA, per trovare qualcuno che avrebbe aiutato Padre Pio al suo posto. E, infatti, passata qualche settimana GIUSEPPE e CARLO VERDECCHIA riuscirono a convincere un ingegnere 50enne di Casoli d'Atri, molto bravo, non ancora sposato, che lavorava come ingegnere Capo nel Genio Civile di Pescara, tale GAETANO CANDELORI, già Padrino di Cresima di Carlo Verdecchia. L'ingegner CANDELORI accettò l'incarico, in quanto pur di far contento CARLO VERDECCHIA e suo padre GIUSEPPE si rendeva felice anche Padre Pio da Pietrelcina, che aveva già tanti devoti in tutta Italia e era già conosciuto da tutti a Atri e nell'intero Abruzzo.
Così grazie a GIUSEPPE VERDECCHIA e suo figlio CARLO, Padre Pio potè procedere a San Giovanni Rotondo nella costruzione del suo ospedale. I primi soldi da parte del Governo Americano cominciarono ad arrivare e i lavori poterono iniziare ufficialmente nel 1947.
La scoperta di questo importantissimo passaggio storico nella storia dell'ospedale di Padre Pio, nonchè della storia di Atri e di Casoli di Atri, è del Gruppo di Studio e Ricerche storiche coordinato dagli architetti Dario Zingarelli e Gaetano Lombardi di Foggia (ricerca condotta sulle "Opere di Architettura realizzate da Padre Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo"), che ha ritrovato materiale documentale inedito. La testimonianza diretta del figlio del Dott. Federico D'Alfonso, Pietro D'Alfonso, all'epoca 15enne, è importante perchè fu testimone oculare di quegli avvenimenti intercorsi tra Pescara, Atri e Casoli di Atri, svelandone per la prima volta i retroscena. GIUSEPPE e CARLO VERDECCHIA erano spesso nello studio di suo padre, chirurgo nell'ospedale di Atri, e spesso ospiti anche a casa dello stesso medico a Pescara in Viale Gabriele D'Annunzio N° 21, oggi N° 23, proprio per le consultazioni private necessarie a organizzare l'aiuto che Padre Pio richiedeva loro, consultazioni necessarie per la realizzazione dell'ospedale a San Giovanni Rotondo.
Oggi Pietro D'Alfonso ha più di 80 anni, vive a Roma, con commozione ricorda insieme all'architetto Dario Zingarelli questa storia importante che rende lustro, non solo alla famiglia VERDECCHIA, padre e figlio, ma a tutti gli atriani. Soprattutto, rende giustizia alla Storia, perchè adesso, finalmente, sarà possibile legare ufficialmente il nome di Padre Pio a Casoli di Atri, il paese abruzzese da dove, nell'immediato Dopoguerra, ebbe inizio questa storia particolare che si lega a Padre Pio da Pietrelcina e al suo ospedale di San Giovanni Rotondo.
L'Amministrazione comunale di Atri, ha sostenuto fortemente l'importante iniziativa storica, culturale e civica di oggi,8 gennaio 2023, proprio per rimarcare il grande dono fatto a Casoli di Atri dal commentatore. Mario Verdecchia, nipote di GIUSEPPE VERDECCHIA, e in particolare per ricordare a tutti gli atriani, agli abruzzesi, che Padre Pio ha avuto un forte e importante legame con la città di Atri.